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Questa storia comincia negli anni Sessanta. Arriva in Texas, dalla lontana
Arabia Saudita, Muhammad bin Laden. Il patriarca ha già un portafoglio
ricchissimo (è uno degli uomini più ricchi del suo Paese)
e non sbarca come un immigrato clandestino: vuole fare affari. Nel 1968
un misterioso incidente aereo lo toglie però di torno. Ma non "uccide"
certo la voglia della famiglia bin Laden di fare business negli Usa. Tanto
che il nuovo capofamiglia (suo figlio Salem, che è anche fratellastro
del futuro, celeberrimo Osama) nel 1973 torna di persona in Texas e fonda
ad Austin la compagnia aerea Bin Laden Aviation. Fa anche quello che insegnano
tutti i manuali del buon manager: cerca i contatti giusti per entrare
nei circoli che contano. E chi sceglie come "chiave d'accesso"?
Mister George Bush, erede di una delle famiglie del petrolio più
ricche di tutto lo Stato, e soprattutto uomo della Cia fin dal 1961, dai
giorni della Baia dei Porci (il fallito putsch anticastrista a Cuba finanziato
dagli americani, ndr.). E' un connubio che funziona subito: Bush senior
fa sempre più soldi e carriera, diventando capo della Cia nel 1976,
poi vice di Reagan nel 1981 e, infine, presidente Usa nel 1988; Salem
e i suoi fratelli entrano invece alla grande nel business petrolifero
e finanziario, diventando addirittura soci dei Bush. Ma qui dobbiamo fare
un piccolo passo indietro. Nel 1975 alla prestigiosa Harward business
school prende la laurea George W. junior. L'attuale capo dello Stato americano
se la spassa un po' e poi, tre anni dopo, entra nel mondo del lavoro.
Fondando una sua compagnia petrolifera (il core business di famiglia):
la Arbusto Energy. Tra i suoi compagni d'avventura c'è, sorpresa
sorpresa, lo sceicco Salem bin Laden... E non solo: nel consiglio d'amministrazione
compaiono infatti i nomi di Khaled bin Mahfouz e James Bath. Il primo
è oggi ritenuto uno degli alleati fondamentali di Osama, mentre
entrambi sono diventati "famosi" come uomini chiave dello scandalo
della Bank of commerce and credit international (Bcci). Uno scandalo scoppiato
nell'ottobre del 1988, quando i magistrati americani scoprono che l'istituto
bancario è in realtà la "lavatrice" che ricicla
il denaro del narcotraffico per finanziare operazioni segrete in mezzo
mondo. Detto in soldoni, il "denaro sporco" dei trafficanti
di droga veniva ripulito attraverso il sistema bancario - spesso grazie
a una compagnia anonima di copertura - e diventava "denaro nascosto",
usato dalla Cia per foraggiare vari gruppi ribelli e movimenti di guerriglia
dall'Iran all'Iraq, dai contras in Nicaragua per arrivare fino ai mujahadeen
della resistenza afgana all'invasione sovietica. A proposito di quest'ultima
operazione, ecco un passaggio del reportage pubblicato da Time Magazine
nel numero del 29 luglio 1991 con il significativo titolo di The Dirtiest
Bank of All (La banca più sporca di tutte): "Poiché
gli Usa volevano fornire ai ribelli mujahadeen in Afghanistan missili
Stinger e altro materiale militare, c'era il bisogno della piena collaborazione
del Pakistan. Dalla metà degli anni '80 il distaccamento della
Cia a Islamabad fu una delle più grandi sedi di servizi segreti
al mondo. 'Se lo scandalo Bcci è un così forte imbarazzo
per gli Usa che indagini dirette non sono mai state condotte, ciò
ha molto a che fare con il tacito via libera che gli stessi americani
diedero ai trafficanti di eroina in Pakistan', ci ha detto un agente segreto
dell'agenzia". Da segnalare anche che la Bcci aveva stretti rapporti
sia con il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi [massone piduista noto come
il "banchiere di Dio" -nota mia-A.B.], sia con la Banca nazionale
del Lavoro di Atlanta.
Ma torniamo ora alla connection tra i Bush e i bin Laden. Nel 1982 George
junior trasforma la Arbusto Energy in Bush Exploration Oil, che diventa
la calamita che attrae altre compagnie e infine dà vita alla Harken
Energy. Tutte operazioni finanziate in gran parte con capitali provenienti
da Arabia Saudita e da altri paesi arabi, ma anche da personaggi legati
all'affaire Bcci (come Mafhouz e James Bath...) o da politici intimi al
clan Bush: un nome su tutti, James Baker, alla faccia del conflitto di
interessi (Baker è stato segretario di stato Usa, ndr.). La Harken
non naviga certo in buone acque, due volte arriva sull'orlo della bancarotta,
ma non chiude mai. Bush junior segue le orme del padre, fa un sacco di
soldi e comincia pure a pensare alla carriera politica. Un escalation
che non si ferma neppure davanti all'ennesima misteriosa morte di questa
storia. Nel 1988 Salem bin Laden scompare in uno strano incidente aereo,
sempre in Texas, proprio come suo padre Muhammad. Ma non smettono di fioccare
le super commesse per la società dei Bush-bin Laden. Ecco cosa
ha scritto Giancarlo Radice in un'inchiesta pubblicata dal Corriere della
sera: "Nell'89 il governo del Bahrein straccia improvvisamente un
contratto con la Amoco e incarica la Harken di un mega-progetto di estrazione
petrolifera off shore, ben sapendo che la Harken fino a quel momento non
ha realizzato altro che qualche piccola estrazione di greggio di Oklahoma
e Louisiana (mai in mare) e si trova in condizioni finanziarie disperate".
Dunque, le "strade parallele" fra i Bush, Bath e le famiglie
saudite non si fermano, conclude Radice. Anzi, "attraversano buona
parte degli anni '90, per poi scomparire progressivamente dai rapporti
d'intelligence. In Afghanistan la guerra anti-sovietica è finita
da un pezzo. La 'pecora nera' della famiglia bin Laden, Osama, è
ormai la mente occulta del terrorismo internazionale. E George W. Bush
comincia la sua marcia verso la Casa Bianca". Il paradosso di questa
storia è ora evidente: l'America, la Cia e il piccolo George si
trovano oggi ad affrontare un nemico che loro stessi hanno proveduto a
far crescere, foraggiandolo con i loro sporchi affari. Un business che,
alla fine, gli si è rivoltato contro. Nel modo più tragico.
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